Il modello "Fabless"

La parola fabless probabilmente è stata coniata per l'occasione, e letteralmente significa senza fabbrica. Nell'ambito dei semiconduttori, un'azienda fabless si limita alla progettazione e commercializzazione di dispositivi hardware e delega la fabbricazione a terze parti specializzate nella produzione. Questa forma di outsourcing sta prendendo particolarmente piede negli ultimi anni a causa della necessità di condividere  gli enormi costi che altrimenti le aziende sarebbero costrette ad affrontare per dotarsi dell'intera struttura di produzione. La prima azienda fabless della storia è stata proprio Altera, nata nel 1983 e successivamente divenuta uno dei maggiori fornitori di soluzioni FPGA (Field Programmable Gate Array). Una delle più potenti compagnie fabless del momento è proprio Qualcomm, l'azienda che detiene una grossa quota del mercato mobile multimedia e che ha come cliente principale l'HTC.
Un modello di questo tipo può funzionare perchè evidentemente le compagnie non vedono più nelle tecnologie di fabbricazione dei circuiti integrati l'elemento di differenziazione rispetto ai concorrenti. Non è un caso che buona parte dei chip si producano ormai in Asia, dove il costo del lavoro è notoriamente più basso, mentre la maggior parte delle aziende fabless sia concentrata in America. Recentemente anche colossi Europei come STMicroelectronics ed Ericsson hanno deciso di muoversi in quella direzione, dando vita ad una nuova compagnia, la ST-Ericcson. Si tratta proprio di un'azienda fabless sufficientemente snella e dinamica da battagliare con colossi come Qualcomm.

3 commenti:

rosariomerlino ha detto...

Caro Daniele, tu mi conosci abbastanza bene da sapere già cosa penso dell’outsourcing e
del sistema economico in generale.
Ti voglio raccontare di una mia chiacchierata con un tizio abbastanza importante in uno
dei 3 maggiori gruppi industriali italiani (se ancora ha senso limitare spazialmente un
gruppo di siffatte dimensioni). Si parlava proprio dell’outsourcing
Il tizio, molto candidamente, quasi fosse la cosa più normale del mondo, mi ha detto come
viene interpretato l’outsourcing nel suo ambito. L’idea è quella che il
“mercato” internazionale trova molto più appetibile la partecipazione in aziende che
hanno un alto valore del rapporto capitale su dipendenti; inoltre questo è tanto più vero
quanto più la forza lavoro ha competenze intellettuali. L’azienda appare “snella”,
riconfigurabile e predisposta alla ricerca e sviluppo. E la produzione? La produzione si
fa fuori, a costi generalmente maggiori, in piccole e medie aziende che lavorano per il
colosso tutto “cervello” e portafoglio, oppure in grandi impianti di produzione
in zone più convenienti, impianti che fruttano proprio in base al minor costo del lavoro.

Il mercato! Quello internazionale o come è di moda dire globale.
Bene Daniele, a mio avviso, l’outsourcing è uno degli esempi di ipocrisia e di mancanza
di etica dell’industria.
Quando gli uomini erano uomini le tecnologie si sfruttavano fino all’osso e la
produzione aveva valore perché rappresentava di per se un aspetto tecnologico. Abbassare
i prezzi della produzione significava migliorarne i processi e sviluppare ulteriore
conoscenza e tecnologia. La progettazione era legata alla produzione e da essa stimolata.
Oggi non è più detto che sia così: c’è l’outsourcing. È più semplice abbassare i costi spostando gli impianti in aree depresse o rivolgendosi alla piccola azienda che più sfruttare forme contrattuali di “apprendistato”. Questo, certo, in base a considerazioni di luminari economisti che si ispirano ai principi del mercato. Strano è che poi, quando si parla di richiedere finanziamenti agli stati i principi del libero mercato vengono, all’occorrenza, ignorati.
Un altro tipo di outsourcing sono poi le figure dei consulenti: i consulenti che, a dispetto del nome, sono impiegati di altre aziende che offrono i propri dipendenti in cambio di un compenso.
Io non sono sfavorevole al libero mercato come qualche amico mi dice, come non sono sfavorevole alla partecipazione statale nella vita economica; quello che non mi convince è la mancanza di etica nei processi economici e produttivi. Etica nel senso di coerenza e visione di insieme della funzione sociale ed economica che l’industria stessa ha a carico.
Questi modelli economici, queste formule di contratto e di organizzazione aziendale sono, secondo me, inadeguate alla globalizzazione e non ci trovo nulla di virtuoso in esse. Questi schemi sono nati quando i mercati erano poco più che internazionali e non sono stati studiati in un mercato globale. Anche l’interpretazione del termine “mercato globale” dovrebbe essere discussa: a mio avviso sarebbe meglio parlare di post colonialismo o colonialismo industriale.
So che forse ho toccato argomenti che non volevano essere al centro del tuo messaggio, ma sono le considerazioni che mi hanno suscitato le tue righe specialmente quando nomini Altera e le FPGA (che una volta già ti avevo definito come manifestazione del capitalismo nell’elettronica), ma spero che tu prenda spunto dai miei commenti per avviare nuove discussioni di carattere prettamente politico (nel senso più nobile del termine).
Un saluto a tutti

Daniele ha detto...

Carissimo Rosario, innanzitutto grazie mille per il tuo brillante commento. A mio parere, in questo particolare ambito risulta piuttosto difficile sostenere che sia sbagliato fare outsourcing. Se non si facesse in questo modo probabilmente sarebbero veramente poche le aziende in grado di sostenere il business. Un tempo, quando, come dici tu, gli uomini erano uomini ed era possibile contare i produttori di chip sulle dita di una mano, il sistema era in grado di reggersi in piedi senza la necessità di ricorrere all'outsourcing. Ma nel momento in cui qualcuno è riuscito ad entrare prepotentemente nel mercato sfruttando l'idea di condividere i costi delle tecnologie di produzione (vedi TSMC), per forza di cose l'intero sistema si è dovuto adeguare molto velocemente.

Ad ogni modo, come sempre il tuo punto di vista è molto interessante.

A presto.

rosariomerlino ha detto...

Si capisco le tue considerazioni: sono sensate e di fatti io mi rifersco al modello dell'outsourcing in generale. Penso al metalmeccanico: in realtà la cosa che mi preoccupa maggiormente è che "l'esternalizzazione", che da un lato ha fatto nascere gli indotti, dall'altro ha generato una serie di imprese che nelle crisi, ne abbiamo da poco avuto le prove, vanno sotto e non possono disporre degli stessi salvagente che hanno le grandi aziende.
spero che tante altre persone ci dicano la loro...
saluti

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